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Dedicato alla donna
a colei he cavalca il fiume in disparte
sol per viver di spirito e di arte
le sto per dire
ma tu non sai cos'e' l'amore,
e nel suo volto naufrago con dolce dolore,
alzo la testa, vedo gioia
imparo l’amore
non parlo, contemplo anche la noia
PREFAZIONE
Da un punto di vista tecnico, L’odore delle rose è defini- bile come un prosimetro, ovvero un’opera letteraria in cui versi e prosa si alternano in maniera dolce ed equilibrata. Il prosimetro è un genere assai raro nella nostra tradizione; esso trova il fulcro del suo splendore nel medioevo – la Vita Nuova di Dante Alighieri ne è un fulgido esempio –, per poi essere progressivamente abbandonato. Il Niccoli riesce a re- suscitarne l’anima, compiendo un’operazione quasi magica: da un lato cioè ne salvaguarda i motivi filosofico-religiosi nonché l’armonia musicale tipici delle origini, da un altro ne attualizza i contenuti e li arricchisce di istanze intimistiche.
Vero protagonista del libro è San Miniato, comune to- scano che gode di una nobile tradizione teatrale e lettera- ria – qui Giosuè Carducci ha composto le sue prime opere, come Le risorse di San Miniato al Tedesco – e che deve la sua fortuna anzitutto alla posizione privilegiata che occupa: sorge infatti, immerso nel verde, su un colle a metà strada tra Firenze e Pisa, strategico per il controllo della Via Fran- cigena. Ciò ha fatto sì che, nei secoli, ricoprisse un ruolo determinante da un punto di vista economico, politico e re- ligioso. eppure l’uomo contemporaneo, nella sua brama di ricchezza, controllo e dominio, sembra aver dimenticato la storia di questo incantevole territorio, una certa ‘geografia del cuore’, procedendo a una sistematica distruzione delle bellezze e delle risorse autoctone, in nome di un progresso che, alla resa dei conti, tale non si è dimostrato, incapace di vincere le sfide poste dalla ‘sostenibilità’. Per questo è molto severo il giudizio dell’autore nei confronti del genere umano, incapace di ascoltare la voce della natura e lo spirito dei luoghi, di rispettare ecosistem tradizioni, di respirare
all’unisono col paesaggio che lo circonda. È col tracotante ego dell’uomo moderno che il Niccoli se la prende, con una società che ha dimenticato i suoi valori cristiani, che non sa guardare negli occhi il proprio passato e coloro che ne sono testimonianza viva, per trovare dei rimedi a un pre- sente pazzo e irrispettoso delle meraviglie di un Pianeta che l’ignoranza va progressivamente devastando, e che ha le ore contate. e allora, che prospettive può avere l’uomo del futu- ro, se non sa tutelare la memoria e farne tesoro?
D’altronde non c’è da stupirsi di questo scempio, sembra sussurrarci l’autore, considerando che nemmeno per i nostri simili siamo più in grado di provare compassione. Como- damente assopiti dietro i maxischermi che ormai abitano le nostre case, commentiamo distaccati le notizie funeste che quotidianamente ci raccontano della morte in mare di centinaia di migranti in fuga da violenza e tirannia. L’odio è diventato il motore dei nostri pensieri, il denaro il nuovo dio da adorare, l’arroganza e disprezzo per i simili i tratti caratteriali da mostrare con spavalderia.
Ma cosa è diventato l’uomo – sembra chiedersi il poeta? Una macchina programmata per annientare tutto ciò che lo circonda, a partire dal sacro nucleo familiare, se pensiamo allo spaventoso numero di femminicidi che l’Italia riscontra. Non a caso proprio alla ‘donna’ è dedicato il testo, nella spe- ranza che dalla loro sensibilità, dall’energia che sprigionano e dalla forza che dimostrano nel sapersi sempre rialzare e ricominciare, possa partire un processo di rigenerazione, di purificazione dello spirito umano ormai marcio e satollo di sporcizia.
Il regalo dell’autore a quest’umanità degenere è proprio L’odore delle rose, perché da un libro può iniziare un ‘ri- sveglio’, un libro può essere un atto di presa di coscienza, un seme da piantare nelle menti più fertili, specialmente nei più piccoli che saranno gli uomini del futuro, e che saranno chiamati a giocare la partita più importante, decisiva, per salvare se stessi e una Terra che chiede disperatamente ‘aiu- to’. Sapremo ascoltare queste grida?
A cura di Giuseppe Palladino
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